lunedì 19 marzo 2012

venerdì, 07 ottobre 2005

Opachezza, ma anche lustrità.

Ci sono giorni che ti alzi e sei opaco e greve, tutto pesante e informe, grigiastro e un bel po' fangoso a masticarti. Hai gli occhi vuoti e una punta di lingua appena sporta, in inane intontita mancanza di riflessi. E ti lasci trasportare, come un tronco inerte, sulla schiumosa corrente bassa che si arriccia attorno a sassi inutili, disposti senza senso.
E ci sono giorni che germogli e sorgi lustro, leggero e tutto illuminato, palpiti liscio, pulito e trasparente. Hai occhi enormi tutti sfaccettati, succhi ogni odore e ogni sapore sulla pelle. E muovendoti senti di creare un vortice, soffio d'aria sottile piena di pulviscolo, di cui sei il centro mobile e spazioso.
Cerchi di capire se dipenda dal clima o dal lavoro, se influisca quello che hai mangiato o quanti sorrisi hai procreato il giorno prima.
Ma non c'entra niente: è che siamo bruchi e farfalle, prima e dopo, e nel mezzo notti immote e avvoltolate di crisalide.
Condividiamo, ripetuto cento e cento volte, il ciclo di qualunque cavolaia.
 

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