lunedì 19 marzo 2012

venerdì, 22 settembre 2006


Prova a pensare che per centinaia di migliaia d'anni - anche milioni, se te lo ricordassi - sei praticamente sempre stato all'aria aperta.
I luoghi chiusi te li sei cercati, e poi costruiti, solo per difenderti da qualcosa di precisamente dannoso: dalle belve feroci, dai nemici, dalle intemperie, da ragni, topi e serpenti (da questi oltretutto non ti è mai riuscito bene). Se il tempo era bello, se non c'erano bestiacce in giro o nemici nei dintorni non ti veniva neanche in mente di stare al coperto, perché mai avresti dovuto?
Per migliaia d'anni, fino all'altroieri, era fuori che vivevi: nei campi arati e in quelli di battaglia, negli orti e nei frutteti, su barchette e greti, nei boschi nelle paludi e sugli alpeggi, su e giù per strade mulattiere carrarecce e sentierini o traversando i prati che si fa più in fretta.
Era all'aperto il mercato dove andavi a vendere e comprare, aperta la piazza dove facevi due chiacchiere, trattavi politica e affari e facevi scambio di notizie, dove guardavi viandanti teatri e giocolieri e a volte qualche bel rogo o impiccagione.
Fossi soldato o contadino, pastore mercante o fraticello, pollivendola o cacciatore, pellegrino fattucchiera puttana o pescatore era proprio soltanto se faceva molto, molto freddo o pioveva davvero troppo forte che ti chiudevi in un posto riparato. O magari per dormire, che passando il tempo di gentaglia in giro ce n'è stata di più, anche se di animali cattivi sempre meno.

Prova a pensare a quello che fai adesso, invece. 
Ti alzi la mattina in una stanza ermeticamente sigillata, d'inverno perché è freddo, d'estate perché c'è l'aria condizionata accesa e nelle mezze stagioni perchè è sempre meglio evitare gli spifferi: aria di fessura è aria di sepoltura, chi è che non lo sa.
Dalla finestra vedi altre finestre, se ti sporgessi e ti torcessi a sufficienza magari anche un pezzo di cielo ma non ti viene in mente, e poi comunque i vetri son scomodi da aprire, con tutti questi diversi strati di tende imposte tapparelle e paraspifferi, veneziane e mantovane.
Dopo colazione esci di casa, chiudendo con cura dietro le spalle una porta blindatissima che hai pagato molto di più di quanto vale quello che un ladro ti potrebbe mai rubare entrando, lasci che ti si serrino morbide davanti le porte di un ascensore che ti include nella sua capsula rivestita in finto legno, giù fino al garage. Fai qualche passo nella penombra odorosa di benzina ed entri in macchina, dove prima di partire ti assicuri, con molta attenzione e l'ausilio di diversi dispositivi elettrici ed elettronici che siano perfettamente chiuse le portiere e il baule e che siano ben allacciate tutte le cinture. Avvii motore, aria condizionata e riscaldamento e parti.
Ascolti la radio nel tragitto, o musica soffusa che riempie e colma l'abitacolo impermeabile e metallizzato e fai gesti con la mano e con la bocca all'uomo che vorrebbe lavarti il vetro, senza parlare tanto non ti sente, e tu non senti lui. Deponi l'auto nel box dell'azienda o se sei proprio uno sfigato e lavori per un ente non fornito di parcheggi sotterranei ti tocca fare qualche metro a piedi, magari pioviggina anche: sono sofferenze, queste.
Per fortuna poi c'è un'altro ascensore e una serie di locali - ufficio, fabbrica, ospedale, scuola - ben chiusi e puliti, dove trascorri la tua operosa giornata respirando aria più volte riciclata e ben climatizzata.
Sulla via del ritorno ti infilerai a sudare in compagnia, nell'umido calore di acari e di piedi di una palestra moquettata e in seguito, parcheggiando sotto che nemmeno devi mettere il soprabito o impolverare i sandaletti, passerai da un supermercato o meglio ancora da un centro commerciale, dove trovi anche il parrucchiere la tintoria il cinema e la pizza da asporto senza che ti tocchi uscire, sai mai che faccia caldo, o piova.
Torni a sera (è sera? pare di sì, a un dato momento dev'essere venuto buio, vai a sapere quando) nella tua accogliente casetta, blindi il portoncino e accendi la tv per vedere cosa succede nel mondo (cosa succede sulla Terra, ché potresti vivere su Venere o sulle lune di Giove, tanto pochi contatti hai con l'atmosfera, l'aria, la temperatura).

E poi ti stupisci se ti senti un po' così, un po' chiuso, un po' oppresso ma non sai bene da cosa. Ti stupisci se non sai più pensare cose interessanti, quelle belle cose che ti venivano in mente quando ti trovavi per ore con il buio assoluto tutto intorno e miliardi di stelle davanti agli occhi e inventavi tutti i modi in cui poteva essere fatto l'universo, quelle cose carine che inventavi quando tra le onde e le maree, ravanando con i legnetti nella sabbia, buttando sassi nei burroni o facendo falò che illuminavano dal basso le foglie nel bosco escogitavi le leggi della fisica e della geometria, costruivi poemi e sistemi interi di filosofia. Quelle cose buffe che quando vedevi l'alba soffiare tra i pini ti veniva da ridere pensando che il mare aveva proprio lo stesso colore del vino.
Non sai più distinguere una quercia da una carota, una bassa marea da uno tsunami, ti fanno schifo la terra e la polvere (e anche un po' l'erba, che chissà quante bestie c'è nascoste dentro), non vedi un'aurora non incorniciata da uno stipite di finestra dai tempi della rivoluzione industriale, passi mesi interi senza uscire all'aperto e ne sei tutto soddisfatto perché la pioggia il solleone il vento il fango e le intemperie li trovi un'insensata e snervante seccatura.
E poi ti stupisci se ti senti come dire, prigioniero. Non è il capo che ti opprime, non è la moglie che ti lega, non son le rate della macchina che ti premono sul petto. È proprio che ti manca l'aria.

(Ah, no, scusa. Tu invece vai a correre una mezz'oretta al parco - ogni tanto - è vero. Fai bene. Rimane un po' vicino alla tangenziale quindi gli odori son più che altro di scappamento e di benzene e l'han piantumato solo quindici anni fa perciò gli alberi sono poco più alti di te. A sapere che alberi sono: ma tanto sono oriundi di un altro continente, ché gli architetti paesaggisti trovano molto più fini le essenze un po' esotiche, un po' particolari: sono alberi immigrati, arbusti extracomunitari molto poco integrati. Qualche uccellino ci sarebbe, sopravvissuto alle cornacchie, ma non lo senti perché ci hai su l'Ipod. Meglio, così non senti neanche le cornacchie che fanno un brutto verso - ma pensa, son cornacchie: pensavo fossero falchi o gabbiani... ma son poi tutti uccellotti, un po' tutti uguali alla fin fine. 
Il tempo è mite, altrimenti non saresti uscito, siam mica nati per soffrire, animali selvaggi feroci o velenosi non ce n'è, salvo il tuo pitbull, quindi puoi rilassarti con una corsetta leggera e tutto il tempo per pensare con calma a quella questione di lavoro che domani devi assolutamente definire. Fai bene. La natura è una gran bella cosa.)
 

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